L’effetto dell’intelligenza artificiale sul mercato del lavoro è un tema molto discusso oggi: c’è chi ipotizza scenari apocalittici dove i computer “ruberanno” il lavoro alla maggior parte della popolazione (o addirittura che gli umani diventeranno simili a cyborg) e c’è chi invece ritiene che siano solo complementari all’essere umano.
In questo articolo:
Beh, penso che nessuno sia in grado di dirlo con certezza. Quello che possiamo fare però, è analizzare un po’ più approfonditamente l’evoluzione dell’automazione e quali sono stati i cambiamenti che questa ha portato sul mercato del lavoro, cercando di trarre spunto anche da alcuni studi che sono stati effettuati negli ultimi anni.
Uno tra i più interessanti è quello di David H. Autor del 2015 pubblicato sul Journal of Economic Perspectives, che analizza il rapporto tra automazione e forza lavoro: è vero che questa plasmerà il mercato del lavoro, fino ad eliminarlo nel modo in cui lo conosciamo? Se sì, perché ci sono ancora lavori dopo 50 anni dalla sua introduzione?
The basic fact is that technology eliminates jobs, not work” (Bowen, 1966)
Cosa si evince da questa frase? Citata nell’articolo di Autor, vuole intendere che lo sviluppo non sta “eliminando il lavoro”, bensì solo mutando la sua forma.
Se abbiamo una catena con n link, il fatto che n-1 link non siano affidabili riduce il risultato o le aspettative di n. Se gli altri n-1 link sono affidabili, la probabilità che n venga realizzata nel modo migliore (e quindi anche il valore di n) crescono. Automazione in un processo lavorativo può quindi aumentare il valore del capitale umano nella catena di produzione.
Ne è un esempio il sistema Atm e i suoi sportelli di ritiro automatico, introdotti negli anni 70; dal 1995 al 2010, il numero di questi passa da 100 mila a 400 mila.
Insieme però cresce però anche il numero di banchieri, da 500 mila a 550 mila. Perché? Due le ragioni principali:
Ovviamente questo esempio non è una costante, le cose possono variare.
In ogni caso nel lungo periodo (1915-2015) il guadagno nella produttivitĂ portato dall’automazione non ha causato riduzioni di domanda nel consumo in beni e servizi, che è invece aumentato, riducendo i ritmi lavorativi e aumentando standard e qualitĂ della vita.Â
Gli impieghi più “standard” sono sempre più facilmente sostituibili, mentre aumenta la richiesta di lavori più qualificati. Tutto ciò sta portando ad una forte polarizzazione, del lavoro e della ricchezza.
Vi sono tuttavia lavori che non sembrano sostituibili: il paradosso di Polanyi ci spiega infatti che i computer possono riprodurre e svolgere meglio di un umano operazioni di calcolo, matematiche, deduzione logica; non riescono però a riprodurre tutte quelle abilità legate alla percezione del mondo, alla creatività e alla valutazione del senso comune, che richiedono flessibilità e capacità di giudizio elevate.
Sono queste ultime capacità quelle che rappresentano una sfida più importante per i settori dell’ Intelligenza Artificiale e della Realtà aumentata. In ogni caso anche lo sviluppo di queste non porterà necessariamente ad una eliminazione delle professioni tradizionali.
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A presto,
Emanuele.
Emanuele