Il tema che vorrei trattare oggi è quello di come funziona l’Intelligenza Artificiale: praticamente un trend topic ad oggi, ma non tutti sanno di cosa stiamo parlando nello specifico.
Sia chiaro. Non sono né uno statistico né un matematico: non voglio darvi la formula per una predizione perfetta (anche perché non è possibile!) o entrare nel dettaglio del funzionamento degli algoritmi e processi che ci sono dietro.
Quando dico che voglio parlarvi di come funziona l’Intelligenza Artificiale (o AI, se vogliamo usare gli acronimi ed essere un po’ più geek), intendo offrire un’idea generale della tecnologia, del suo funzionamento e del suo stato attuale. Come?
Passando in rassegna:
In questo articolo:
Semplicemente perché, prima di Awhy, anche noi eravamo affascinati da questo mondo e volevamo saperne di più: riteniamo molto affascinante l’idea che una macchina sia in grado di valutare le variabili e fornire outputs seguendo una serie di pattern, prendendo decisioni. Ma come è possibile tutto ciò?
Procediamo a piccoli passi. Cosa è un’Intelligenza Artificiale e, ancora prima, cosa intendiamo quando usiamo il termine intelligenza? Per definizione:
Possiamo intendere come intelligenza la capacità di eseguire tasks e di risolvere nuovi problemi adattandosi all’ambiente e comprendendolo, insieme con la capacità di interpretare il linguaggio naturale.
Una volta chiarito ciò, procediamo step-by-step, e cerchiamo di capire come funziona l’Intelligenza Artificiale:
Sono necessari 4 elementi:
L’Intelligenza Artificiale è composta da tutti questi elementi: se lavorano in sinergia, e la sinergia è forte, il risultato finale lascia senza parole.
Le potenzialità di questo settore sono tali da creare ipotesi di un futuro prossimo completamente plasmato dalla tecnologia, ipotesi che provengono anche da giganti come Stephen Hawking.
Ma quando è nata questa nuova branchia della scienza, e come si è evoluta?
Benché immediatamente annunciata come un’incredibile rivoluzione (“sarà più veloce di Einstein” era uno dei commenti più in voga all’epoca), il problema legato alle limitate capacità computazionali dei computer di allora vennero alla luce in tempi brevi.
Sì, perché per calcolare “le possibili combinazioni” e scegliere quella giusta, la macchina deve compiere una serie di operazioni e di calcoli che crescono in modo esponenziale col crescere del numero di variabili. Gli studi e i progressi che sono stati fatti nel campo hardware hanno contribuito allo sviluppo della tecnologia: per rendersi conto degli incredibili passi avanti basta dare uno sguardo alla legge di Moore.
Oggi tuttavia la famosa legge sembra avere qualche problema. Hanno di conseguenza acquisito sempre più importanza gli studi legati al metodo di scelta dei vari pattern decisionali, che permettono di contenere il numero di compilazioni necessarie, “istruendolo” sul processo con cui vengono prese le decisioni ed evitando di fare “calcoli inutili”.
Possiamo notare la contrapposizione tra approccio umanistico e approccio legato alla razionalità, oggetto di un acceso dibattito ancora oggi.
Parlando della storia dell’AI, non possiamo non menzionare il Test di Turing. Non voglio stare ad annoiarvi con l’analisi completa dell’imitation’s game, o “gioco dell’imitazione” (potete averne una conoscenza più approfondita qui): in poche parole, Turing definisce un’Intelligenza Artificiale “efficiente” quando questa riesce ad ingannare un umano facendogli credere di stare parlando con un altro umano.
Per oggi è tutto, ma se vi è piaciuto l’articolo, sicuramente apprezzerete uno dei prossimi sui quali sto lavorando, che indaga quali conseguenze può avere l’esplosione dell’Intelligenza Artificiale sul mercato del lavoro.
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A presto!
Emanuele
Emanuele