Come anticipato nell’ultimo post, conversazioni veloci ma contenenti tutte le informazioni richieste dall’utente sono quanto solitamente ci si aspetta da una chatbot.
Oltre alle caratteristiche precedentemente indicate, ve ne sono altre che sarebbe importante una chatbot possedesse per svolgere al meglio il proprio compito di supporto nell’assistenza clienti.
In questo articolo:
A nessuno piace sentirsi ripetere le stesse parole ancora e ancora. Perché allora impostare una chatbot che risponda sempre allo stesso modo?
I Bot dovrebbero essere in grado di comprendere quando stanno ripetendo una risposta già data e modificare la loro strategia. Se la risposta data non ha precedentemente risolto il problema dell’utente, ripeterla certo non aiuterà.
Un modo migliore per gestire gli errori di navigazione degli utenti potrebbe essere quello di rilevare quando un bot ha dato la stessa risposta troppe volte e quindi offrire una soluzione alternativa, come ad esempio:
“Se il mio suggerimento precedente non ha dato alcun risultato, prova ad eliminare questa conversazione ed iniziarne una nuova per ripristinare tutte le opzioni di navigazione.”
Oppure:
“Qualcosa non sta funzionando correttamente, prova a formulare diversamente la tua richiesta.”
Questa si presenterebbe come una grande opportunità per far emergere la personalità del brand tramite, ad esempio, un trigger a sorpresa nella finestra di chat.
Se prendiamo ad esempio il bot Mitsuku, noto per aver vinto il concorso annuale ideato da Hugh Loebner che stabilisce se un computer sia in grado o meno di imitare il pensiero umano grazie al superamento del test di Turing, vediamo come sia possibile direzionare gli utenti nella conversazione grazie al bot stesso che è in grado di riconoscere la ripetitività di una domanda.
Una delle caratteristiche più interessanti di Mitsuku è il carattere che mostra nelle sue risposte, il che rende molto più divertente e piacevole interagire con lei.
Fino a che un genio rivoluzionario non arrivi con l’Intelligenza Artificiale superumana, in grado di comprendere realmente tutto ciò che la circonda, le chatbots avranno sempre bisogno dell’intervento umano per funzionare al meglio e per essere corrette nel caso di errori. Dopotutto, persino gli esseri umani hanno dei supervisori che controllino il loro lavoro.Ma come facciamo a sapere se una chatbot è arrivata al punto in cui dovrebbe essere migliorata?
1. La chatbot ripete la stessa risposta in loop. Questo implica che le risposte che fornisce non sono soddisfacenti, costringendo il cliente a ripetere o riformulare la sua richiesta.
Dare la stessa risposta di continuo non porterà a nulla, se non all’abbandono della conversazione da parte dell’utente.
2. La chatbot causa con le sue risposte emozioni negative come rabbia o frustrazione, identificabili dal linguaggio utilizzato dagli utenti, soprattutto quando vengono utilizzati insulti.
3. I clienti chiedono immediatamente l’aiuto di un operatore in carne ed ossa.
Alcune azioni, come la ricerca visiva di tutte le opzioni disponibili, sono difficili da completare in un ambiente di messaggistica.
In tali situazioni, i bot possono dirottare ad un sito web o ad una applicazione che li aiuti a completare quegli obiettivi che gli utenti non sono riusciti a raggiungere nel contesto della chat.
È fondamentale che una chatbot sia in grado di utilizzare un linguaggio colloquiale e naturale, proprio come quello che utilizzano gli esseri umani nell’interagire con lei.
Avviene spesso, invece, che le chatbot si esprimano come dei veri robot che non sono in grado di comprendere nemmeno le parole più comuni.
Nel caso in cui un utente in risposta ad una frase inserita dal bot scriva “ok” o “va bene” o “d’accordo”, molti bot si incantano nel rispondere con frasi tipo: ” Non ho capito, potresti spiegarmi meglio? “.
È inoltre non di secondaria importanza che la chatbot sia in grado di rispondere a domande di senso generico sul clima, gli eventi di attualità, i fatti storici più importanti.
Sarebbe opportuno aggiungere vari livelli di personalizzazione al bot, dandogli un nome, una biografia, un background ed altre impostazioni che la distanzino il più possibile dalla figura del robot.
Anche fare in modo che la chatbot possegga un livello quantomeno basilare di humor renderebbe molto più piacevole l’interazione da parte dell’utente.
È importante, inoltre, mantenere i messaggi di risposta brevi, pertinenti e dal basso il ritmo di scrittura, come se a scrivere fosse un reale essere umano, così da non confondere l’utente con troppo testo in un unico momento
Prendiamo nuovamente d’esempio Mitsuko:
In conclusione, le chatbots possono offrire la possibilità di essere utilizzate al meglio nel customer service, con tutti i benefici del tocco umano e nessuno svantaggio.
Ma come la loro controparte umana, la capacità di conversazione della chatbot determina se è in grado di acquisire nuovi clienti, di produrre scalabilità o di creare un’orda di clienti arrabbiati. Padroneggiando queste piccole capacità di conversazioni sarà più semplice garantirsi l’efficienza della propria chatbot e la soddisfazione reale del cliente.
Photo credit: hddod via VisualHunt / CC BY-NC-ND
Emanuele