I chatbot sono sempre più presenti nelle nostre vite: possono ordinare un caffè la mattina al posto nostro, automatizzare l’invio di mail a lavoro e riprodurre la nostra playlist preferita appena rientriamo a casa.
Non è fantascienza: gli esempi che ho fatto sopra sono esempi di chatbot realmente esistenti ed utilizzati da milioni di persone al mondo. Starbucks, per esempio, ha creato un bot per ordinare il proprio caffè in modo rapido ed intuitivo.
Incredibile, vero? Il mondo degli assistenti virtuali è un mondo giovane ma che cresce rapidamente, ed è ancora sconosciuto ai più (per fortuna abbiamo creato una rapida introduzione all’argomento).
La gioventù del mercato spesso ci spinge a pensare che basti installare un bot sul sito web per essere pronti ad accogliere i nostri clienti. Niente di più sbagliato: ricordiamoci che la tecnologia è solo un modo per offrire un certo servizio. Dobbiamo quindi riflettere in primis sul servizio che vogliamo offrire: assistenza clienti? Prenotazione appuntamenti? Consulenza legale?
Definiamo come andremo ad aiutare i nostri clienti, e dopo scegliamo il tipo di chatbot che meglio si adatta ad ogni progetto. Ma quali sono questi tipi? Esiste realmente un tipo di chatbot migliore di tutti? Vediamo insieme quelli più utilizzati e rispondiamo alle domande passo passo ✅
In questo articolo:
La prima distinzione che possiamo fare è quella tra regole predefinite ed input libero.
Con un chatbot a regole puoi definire una serie di step e guidare l’utente con bottoni o elementi visuali. Un chatbot a linguaggio libero, viceversa, permette all’utente di digitare quello che vuole e fornisce la risposta più pertinente: le soluzioni più avanzate utilizzano l’intelligenza artificiale per fare un’analisi di quello che scrive l’utente, capire il significato della domanda e dare la risposta corretta.
Quale dei due tipi ti conviene utilizzare? Ovviamente dipende dallo scopo del tuo chatbot e dal contesto in cui andrà ad operare, non possiamo definirlo a priori. In Awhy cerchiamo unire i due concetti: i tuoi clienti possono parlare liberamente con il chatbot, e a seconda di quello che chiedono la nostra intelligenza artificiale risponde con testo libero oppure li guida attraverso una serie di step.
Un’altra distinzione importante, questa volta più a livello progettuale, è quella tra i chatbot personali e i chatbot per i team.
I chatbot personali hanno un focus sul singolo utente, conversano con loro e cercano di essere un piccolo assistente a tutto tondo: l’esempio del chatbot per ordinare il caffè di Starbucks fatto qua sopra è un buon esempio di chatbot personale.
I chatbot per i team, invece, hanno lo scopo di facilitare un processo o un’attività a livello aziendale. Restando in tema di cibo e bevande, immaginiamoci un bot che collezioni gli ordini per il pranzo dell’intero team, magari su un canale slack: dovrai prevedere più interazioni da parte di utenti diversi. Solitamente questo tipo di bot prevede una fase di analisi più lunga, in quanto le conversazioni diventano più complesse con l’aumentare del numero di interlocutori.
Un chatbot open-domain (letteralmente a dominio aperto) ha come scopo quello di intrattenere l’utente in una conversazione di carattere generale. Questo tipo di chatbot è molto difficile da realizzare (quasi impossibile), perché:
Un chatbot closed-domain (a dominio chiuso) invece opera in un contesto ben definito, come potrebbe essere quello delle domande frequenti che ricevi dai tuoi clienti. In questo caso il chatbot può essere addestrato con sufficiente precisione per rispondere nel modo corretto alle domande dei tuoi utenti e migliorare la percezione del tuo brand.
Un super-bot è un chatbot che riesce ad esporre altri servizi al suo interno. Un esempio? Gli assistenti vocali di Google e Amazon. Quando chiediamo a Google Assistant “Riproduci la mia playlist preferita”, l’assistente riesce a riprodurla utilizzando una delle app per la musica installata nel nostro device (Spotify, per esempio). Spotify è quindi il servizio esposto all’interno di Google Assistant.
Uno specific-domain bot, invece, è un chatbot che espone esclusivamente un servizio: ad esempio, un chatbot per l’assistenza clienti di un determinato e-commerce. Questo tipo di bot permette di personalizzare il contenuto e gli intent che andremo a riconoscere, per una interazione più verticale su un certo tipo di servizio e brand.
La distinzione qui è molto semplice: i voicebots integrano una tecnologia di riconoscimento vocale, i textbots lavorano solo con il testo.
Negli ultimi mesi, complice anche la pandemia che stiamo vivendo, il riconoscimento vocale è una caratteristica sempre più richiesta: si vanno delineando forme ibride, in cui un textbot può essere interfacciato con sistemi vocali per permettere anche questo tipo di interazione.
I sistemi misti sono quelli che al momento riescono a colmare le mancanze di entrambe le tipologie, infatti:
Abbiamo visto insieme le principali tipologie di chatbot disponibili sul mercato: tienile bene a mente quando andrai ad implementare il tuo assistente virtuale. Per rispondere alla domanda iniziale, non esiste un tipo di chatbot migliore di un altro. Ogni progetto ha esigenze diverse: sarà compito tuo individuare il tipo di chatbot più adatto a soddisfarle.
Infine, ricorda che esistono infinite sfaccettature in questo mondo, sfaccettature impossibili da descrivere in un articolo. Ti stai approcciando ad un tipo di bot che non ho trattato? Segnalalo nei commenti o mandami una mail, sarò ben felice di discuterne insieme!
Emanuele